SUMMER OPEN SEA KAYAK EXPEDITION...

Fin dalla prima volta che ci siamo avventurati sul Mar Egeo, abbiamo fantasticato di pagaiare per un lungo periodo tra le sue innumerevoli isole... senza avere l'assillo di dover finire nel tempo a disposizione quello che ci eravamo prefissati.
Ora questa aspettativa si è concretizzata: il viaggio inizia a fine giugno con un biglietto di sola andata...
Quando avremo finito le Isole Cicladi... torneremo a casa...
Tatiana e Mauro

Please use the translator on the left.
We're paddling most of the day and we don't have enough time to translate every single post...
We're confident you understand our position!


domenica 31 luglio 2016

Check-in/OK messaggio dal Tatiyak SPOT Localizzatore SPOT Personal Tracker

Tatiyak SPOT
Latitudine:36.76604
Longitudine:24.61367
Posizione GPS Data/Ora:07/31/2016 18:39:30 CEST

Messaggio:Cicladi Kayak Tour 2016.
Stiamo bene e il viaggio prosegue come programmato...

Fai clic sul seguente collegamento per vedere dove mi trovo.
http://fms.ws/ZfUvo/36.76604N/24.61367E

Se il link sopra non funziona , provate questo link:
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sabato 30 luglio 2016

Check-in/OK messaggio dal Tatiyak SPOT Localizzatore SPOT Personal Tracker

Tatiyak SPOT
Latitudine:36.77194
Longitudine:24.65991
Posizione GPS Data/Ora:07/30/2016 16:26:58 CEST

Messaggio:Cicladi Kayak Tour 2016.
Stiamo bene e il viaggio prosegue come programmato...

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venerdì 29 luglio 2016

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Latitudine:36.83366
Longitudine:24.54721
Posizione GPS Data/Ora:07/29/2016 19:26:46 CEST

Messaggio:Cicladi Kayak Tour 2016.
Stiamo bene e il viaggio prosegue come programmato...

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giovedì 28 luglio 2016

Check-in/OK messaggio dal Tatiyak SPOT Localizzatore SPOT Personal Tracker

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Latitudine:36.76559
Longitudine:24.52483
Posizione GPS Data/Ora:07/28/2016 16:12:29 CEST

Messaggio:Cicladi Kayak Tour 2016.
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mercoledì 27 luglio 2016

Una giornata in compagnia

Lunedì 25 luglio 2016 - 32° giorno di viaggio
Adamantas - Adamantas, Milos (0 km) 
Vento N 25-33 nodi (F6-7) - Mare agitato - Temperatura 25°C
Lunga e proficua giornata a terra.
Cominciamo con la solita sveglia lenta, uscendo dai sacchi a pelo soltanto quando il sole si intrufola tra le tamerici sotto cui abbiamo montato il campo, e con la solita colazione lenta, dando fondo alle ultime provviste per riempire le scodelle di muesli e marmellata fatta in casa dal Mammut (quella di prugne e cannella è finita da tempo, fortuna che ne abbiamo stivata una seconda dose altrettanto abbondante di more e lamponi, frutti del giardino di Latina).
Continuiamo con la ricerca (riuscita!) per le vie del centro di Triovasalos, uno dei borghi anonimi ma vitalissimi che sovrastano il porto, di una presa tripla per ricaricare più facilmente computer e telefoni cellulari ogni volta che facciamo tappa in taverna, e di un centro di telefonia mobile per ricaricare la scheda telefonica e la chiavetta internet greche di cui ci siamo premuniti alla partenza da Atene.
Proseguiamo nella nostra trasferta salendo su un secondo autobus che ci porta fino a Plaka, il capoluogo di Milos e la cittadina più pittoresca dell'isola. Facciamo una preliminare sosta in taverna per mettere subito in uso la tripla e per rifocillarci a dovere con le migliori melanzane col formaggio di sempre. Partiamo alla scoperta del Kastro sotto il cocente sole delle quattro del pomeriggio, perdendoci e ritrovandoci tra gli ormai familiari vicoletti lastricati che si attorcigliano intorno alla collina conica come una coroncina fiorita di bouganville e gerani.
Scarpiniamo fino alla sommità del paese per ammirare il panorama da cartolina che si gode dal sagrato della chiesa più elevata e dalla sommità delle rovine del vecchio castello. Ma la vera ragione per cui Mauro accetta di sottoporsi a tale inaudita sfacchinata è un'altra: scrutare il mare dall'alto. Vogliamo capire se le condizioni sono davvero quelle descritte dalle previsioni meteorologiche: vorremmo tanto poterci spostare da Adamantas e proseguire nella nostra esplorazione dell'isola ma... Il mare è tutto gonfio di frangenti, le raffiche sono talmente forti da non permetterci di stare all'in piedi e lungo la costa settentrionale, completamente esposta al Meltemi, le onde aggrediscono le scogliere rocciose con continui schiaffi poderosi. Se lo stato del mare non si attenua, non è certo il caso di avventurarsi là fuori.
Scendiamo un po' sconfortati e cerchiamo il negozio più curioso del paese, un piccolo museo di sabbie da tutto il mondo che il titolare usa in maniera creativa per realizzare porta-candele, sotto-bicchieri e quadretti molto particolari. Lo troviamo in uno degli angoli più suggestivi e curati di Plaka, accanto ad una serie di scalinate adorne di colorai vasi di fiori e di piante grasse, tra finestrelle con tendine di pizzo e decorazioni di ciottoli bianche e neri nei cortili interni delle case. Lo troviamo, ma è chiuso. Ci avrei passato dentro almeno un paio d'ore, ad osservare al microscopio le varie tonalità e le diverse granulometrie delle tantissime sabbie esposte, da quelle dell'Antartico a quelle di Capo Nord. Ma purtroppo il museo-negozio rispetta un orario talmente particolare, dalle 7 di sera a mezzanotte, da risultare incompatibile coi nostri ritmi. Devo accontentarmi di sbirciare dalla finestra!
Recuperiamo con la visita del Museo delle Miniere, dove restiamo davvero oltre due ore, schiacciando il naso contro le vetrine espositive ricolme di minerali di ogni forma e colore. Scopro con soddisfazione di avere già raccolto in spiaggia alcuni piccoli pezzi di caolino, bentonite e perlite, per non parlare, ovviamente, dell'ossidiana. Persino Mauro si lascia incuriosire dalle interviste agli ultimi minatori dell'isola e alle vecchiette che da ragazze pulivano pietre nelle cave di zolfo: nel caldo soffocante dell'isola vulcanica, erano coperte dalla testa ai piedi con camicione a maniche lunghe e gonnellone a quadri, scarponi da contadine, grandi fazzoletti in testa e guanti di cotone grezzo e spesso per proteggere le mani dal duro lavoro con la picozza. Molto più facile quel che faccio io, con le pietre: raccoglierle e qualche volta impilarle davanti al mare...
Concludiamo la giornata con il ritorno nella stessa taverna della sera precedente, per cenare allo stesso tavolo sotto lo stesso pergolato. Ma niente è mai davvero lo stesso: questa sera le nostre vicine sono due simpatiche veliste romane dallo stesso nome tipicamente capitolino, Patrizia, con le quali attacchiamo subito bottone per scambiarci informazioni ed impressioni sulla qualità e varietà della cucina tradizionale greca e soprattutto sulle tantissime spiagge dell'isola di Milos.
Pensiamo che la serata stia ormai volgendo al termine quando ci telefona Raphael!
Erano giorni che cercavamo un incontro con il titolare francese di "Cyclades Kayak", il secondo (perché più recente!) centro di escursioni guidate in kayak intorno a Milos (e ad altre isole dell'arcipelago, da Serifos a Sifnos, da Paxos a Naxos...). Non eravamo però ancora riusciti ad incontrarlo, complice una strana serie di ritardi nella lettura dei rispettivi messaggi e la perdurante assenza di connessione internet degli ultimi giorni. Stasera finalmente ci conosciamo! E ci ritroviamo a bere raki intorno allo stesso tavolo. Salutiamo le amiche romane, impostiamo la conversazione su un fluente inglese dagli incrociati accenti italo-francesi e per il resto della serata non facciamo altro che parlare di kayak. Fino all'una di notte! Senza rendercene conto, entriamo nel nuovo giorno continuando a chiacchierare di pagaie, viaggi, mari, venti e passioni comuni... e suggelliamo così una nuova interessante amicizia di kayak. Qualche cosa, quando ci si ritrova tra kayaker, è sempre la stessa!

Parapetto invisibile
Fiori
Al Museo delle Miniere di Adamantas, Milos
I vecchi strumenti di lavoro dei minatori
Welcome to Milos!
La partenza del gruppo guidato da Rod di Sea Kayak Milos
Le catacombe di Milos (lo supponiamo, non ne siamo sicuri!)
Il porticciolo colorato di Klima
I kayak non possono sbarcare facilmente...
Le scogliere di Fourkovouni

Martedì 26 luglio 2016 - 33° giorno di viaggio
Adamantas - Plathiena, Milos (7 km)
Vento N 21-31 nodi (F6-7) in attenuazione - Mare molto mosso, poco mosso solo nel golfo interno di Milos, dove ci troviamo - Temperatura 25°C
Siamo ancora in tenda a riordinare le cose che, dopo due giorni, profumano sempre di bucato, quando giunge al parcheggio sterrato poco distante Rod di "Sea Kayak Milos" con un gruppo di 12 clienti e 2 assistenti.
Abbiamo scelto questa spiaggia bruttina e poco accogliente perché è la più vicina al porto di Adamantas, una delle poche ridossate dal Meltemi e l'unica ad offrire uno schermo perfetto agli occhi indiscreti della cittadina portuale sul nostro campo base. In tre giorni, andiamo e veniamo sei volte lungo il sentiero sconnesso che cinge il cimitero francese, sale sul promontorio roccioso e scende nella spiaggia limitrofa, attrezzata di tutto punto e che segna il vero confine della città. E' il classico luogo prediletto dai campeggiatori: alle porte del porto, abbastanza vicino da risultare comodo ma abbastanza lontano da essere disertato dai più. E' anche uno dei punti di partenza delle varie escursioni guidate organizzate da Rod: già all'arrivo, due giorni fa, avevamo notato un carrello porta kayak lasciato poco distante dalla spiaggia. Stamattina lo posteggiano esattamente nello stesso luogo, scaricano i kayak singoli e doppi con un perfetto lavoro di squadra ed in 15 minuti d'orologio sono già tutti in mare. Rod mostra al gruppo due cose sulla pagaiata circolare nel vento e rivolge a noi due un saluto veloce: "What's your plan for today?". Magari, chissà, ci incontriamo più tardi in acqua...
Ma quando rientrano dall'escursione giornaliera, alle cinque esatte del pomeriggio, noi siamo ancora dietro a riordinare i kayak!
Come sempre, come in tutto, ce la prendiamo molto comoda: siamo andati a pranzo in una piccola taverna del porto che serve suvlaki e pita giros, i piatti prediletti di Mauro; poi abbiamo fatto rifornimento di acqua e viveri per i prossimi 4-5 giorni; in un'altra pausa al caffè-pasticceria dell'angolo abbiamo consultato per l'ennesima volta le previsioni meteorologiche. E' così che in un momento è trascorso un giorno intero. Siamo più lenti del solito, ci diciamo a mò di consolazione, perché abbiamo dormito troppo poco, dalle due alle otto. Ma in verità, siamo due bradipi nell'intimo.
Molto lentamente, ci accingiamo a concludere la giornata.
In ossequio alle previsioni, il Meltemi ha imperversato per tutto il giorno ed in serata accenna ad un primo impercettibile cedimento. Approfittiamo.
Pagaiando a babà, come dice il nostro amico napoletano Papele O' Marenaro quando pagaiare richiede l'impegno omonimo, ci lasciamo alle spalle il faro di Capo Bombarda e affrontiamo l'ultimo tratto del golfo interno di Milos. Dovremmo essere sempre ridossati, poi domani vedremo il da farsi. Raggiungiamo facilmente quattro bellissimi borghi marinari: il più famoso è Klima, ai piedi delle catacombe che forse scorgiamo dal mare nelle loro ultime propaggini scavate nella roccia morbida del promontorio. Qui non è più il blu il colore dominante: i vecchi depositi dei caicchi sono ora diventati case di vacanze per turisti ma conservano lo spazio al livello del mare per le reti da pesca. Ogni pescatore ha costruito nel tempo un secondo e terzo piano sull'unica stanza della rimessa e ha colorato portone, porta, finestre e balaustre di colori vivaci e tutti diversi: è un carnevale di rossi, verdi, arancioni, viola, gialli e qualche volta anche azzurri. Ci sono un paio di taverne e due negozietti di oggetti artigianali ma per la maggior parte i frequentatori del posto sono ancora i pescatori locali, come dimostra la fitta schiera di caicchi all'ancora nella baietta antistante, ognuno con gli stessi colori delle casette verticali di Klima.
Un gioco analogo, ma virato sui colori pastello, è in atto lungo la costa scoscesa, dove si rincorrono e si accavallano rocce policrome come quelle viste ieri al Museo delle Miniere. Ci stiamo avvicinando alla zona delle vecchie cave di perlite ed è tutto un proliferare di merli rossastri e pareti levigate bianche e gialle, inserti verdastri e molte altre variazioni cromatiche. Sul capo si ergono due faraglioni marroni che qui tutti chiamano "Gli Orsi" ma che a noi sembrano piuttosto due grossi conigli.
Il tramonto è pure in tecnicolor. La palla di fuoco del sole scompare dietro uno strato di nuvole basse e nere proprio accanto al profilo alto e scuro di Antimilos, e accende una serata rossa su tutta la spiaggia di sabbia bianchissima punteggiata di sassolini coloratissimi. Ceniamo sotto una tamerice più lacrimosa del solito e sotto una stellata più vibrante del solito. E ci ritiriamo in tenda prima del solito!

Tramonto dalla spiaggia di Plathiena, Milos
Rock-balancing serale
La girandolina gode ancora di ottima salute!
La spiaggia di Plathiena in pieno giorno...
La pausa pranzo in una caletta di Kabanes, nel nord di Milos
In magnifici tre: Eliot, Raphael e Jeremy (da sinistra a destra)
Incontri ravvicinati
Il raccolto porticciolo di Mandrakia, Milos
Grandi amici in un sol giorno: many thanks for your time, knowledge and smiles, guys!!!
I due Voyager sulla spiaggia est di Mitakas, Milos

Mercoledì 27 luglio 2016 - 34° giorno di viaggio
Plathiena - Mitakas, Milos (16 km)
Vento N 19-27 (F5-6) in attentuazione - Mare molto mosso con onde fino a 2 metri- Temperatura 25°C
La notte è stata più umida del solito, ma anche più lunga del solito: ci svegliamo alle dieci del mattino, dopo quasi dodici ore filate di sonno, quando ormai la spiaggia è già gremita di bagnanti.
Oggi è un giorno speciale: abbiamo un appuntamento in mare con Raphael!
Facciamo del nostro meglio ed in due ore siamo in acqua.
Fanno del loro meglio anche le ondicelle basse che frangono a riva e che ci riempiono il pozzetto di mezzo Egeo: la prima mezz'ora se ne va per svuotare i kayak, e anche la prima mezza colazione, vista la fatica che ci richiede usare la pompa di sentina dopo mesi di non utilizzo.
Non vogliamo arrivare tardi all'incontro ma il Meltemi non sembra volerci favorire: soffia con la prevista foga e quando doppiamo l'ultimo capo del golfo interno di Milos ci ritroviamo di fronte a tutta la sua potenza. Onde alte e frangenti rallentano la nostra avanzata ma... appena oltre la punta più esposta vediamo già i primi bagliori di una pagaia in mare. Deve essere Raphael. Gli andiamo incontro, ma presto di kayak ne intravediamo tre. Forse non è Raphael. Qualche altra pagaiata nella stessa direzione e capiamo: Raphael arriva con Eliot e Jeremy, i suoi due assistenti. Eliot lo avevamo già conosciuto a Kleftiko, la notte che abbiamo condiviso la spiaggia con lui e Vera, la sua fidanzata scozzese. Jeremy è un ragazzo francese arrivato per la prima volta in Grecia per studiare le tartarughe Caretta caretta e rimasto poi talmente irretito dal fascino non solo del mare greco ma anche delle cultura greca da avere imparato la lingua (suscitando la nostra più sincera ammirazione!).
Oggi è un giorno davvero speciale: pagaiamo con tre guide locali che ci raccontano tutto della costa!
E che per prima cosa ci chiedono se abbiamo fame: certo che si, rispondiamo all'unisono. E ci fanno sbarcare in una caletta ridossata tra le scogliere lavorate dalla furia del mare: mai avremo pensato di scovare un angolo tanto riparato proprio sul capo più esposto dell'isola.
Le chiacchiere iniziano ben prima di sederci a mangiare e proseguono per tutta la sosta. Ma anche dopo in mare. Eliot corre al largo a cercare onde da surfare, Raphael apre il gruppo e Jeremy ci intrattiene con informazioni di varia natura su "Milos la bella".
Puntiamo su Mandrakia per ammirare i ricoveri delle barche scavate nella roccia morbida e chiara. Ma il mare sembra volerci tenere a giocare tra le sue onde frangenti. Avanziamo con lentezza ma senza alcuna preoccupazione, tutti presi dalle nostre conversazioni su pagaie groenlandesi, esami BCU, amici comuni e via discorrendo.
L'ingresso al porticciolo di Mandrakia non lo avremmo mai scovato se fossimo stati da soli, in questo bailamme di schiuma spumeggiante che segue tutta la costa. Le nostre guide d'eccezione mostrano una notevole conoscenza della zona ed un'invidiabile confidenza col mare.
Oggi è davvero un giorno più che speciale: non solo pagaiamo in compagnia, per la prima volta da quando abbiamo iniziato il nostro viaggio alle Isole Cicladi, ma navighiamo insieme a tre canoisti talmente esperti da infonderci sicurezza.
Dopo una breve sosta nel porticciolo ci infiliamo in un corridoio tagliato nella costa, che non lasciava presagire alcun possibile passaggio navigabile e sbuchiamo sul tratto più bello della costa settentrionale di Milos: Sarakiniko, famosa per le sue 25 grotte, tutte visitabili in kayak, ma soprattutto per le sue scogliere levigate, basse e digradanti, di un bianco abbacinante che sono finite su tutte le cartoline promozionali dell'isola. Dobbiamo pagaiare a debita distanza dalla costa, per via delle onde di ritorno che generano poderosi "clapotis", ma ci divertiamo tutti un mondo a prevedere le più grandi, ad evitare le più minacciose e a giocare tra le tante altre onde ricciolute che oggi movimentato il mare.
Avvistiamo ben tre esemplari di Caretta caretta, davvero enormi: Jeremy pensa si tratti di femmine di circa 70 anni... e dopo qualche minuto avvistiamo anche il nostro punto di sbarco.
Di nuovo, senza la guida esperta di Raphael, Eliot e Jeremy non avremmo saputo scovare l'ingresso di quest'altro porticciolo ridossato e protetto: scogli affioranti proteggono la bocca principale ma la imbiancano di schiuma spumeggiante per tutta la parte occidentale, quella dalla quale noi arriviamo. Bisogna fare la gincana tra le secche, evitando di surfare sulle onde più cicciotte per non finire contro uno dei piccoli motoscafi ancorati in rada. Sembra di entrare in un frullatore. Ma poi tutto si placa, come d'incanto: al fondo della cala si apre una piccola ansa laterale che si sottrae alle sfuriate sia del vento che del mare. Tutto è calmo, piatto e tranquillo.
Sbarchiamo e per un'altra ora abbondante ce la raccontiamo all'ombra della tamerice centrale.
Poi arriva purtroppo il momento dei saluti e quando i fantastici tre riprendono il mare noi due ci spostiamo sotto la tamerice di destra per aggiornare il blog e poi sotto quella di sinistra per omaggiare Morfeo.
Oggi è stata una giornata davvero speciale, di quelle da ricordare!

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Latitudine:36.74324
Longitudine:24.47825
Posizione GPS Data/Ora:07/27/2016 17:40:59 CEST

Messaggio:Cicladi Kayak Tour 2016.
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martedì 26 luglio 2016

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Latitudine:36.72112
Longitudine:24.43797
Posizione GPS Data/Ora:07/26/2016 10:05:56 CEST

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domenica 24 luglio 2016

Milos la bella

Giovedì 21 luglio 2016 - 28° giorno di viaggio
Psathi, Kimolos - Paliochori, Milos (22 Km) 
Vento NW 23-30 nodi (F6-7) in attenuazione - Mare da mosso a poco mosso - Temperatura 26°C
Stamattina ci sveglia la sveglia.
L'abbiamo puntata alle sette, come promesso alla ragazza che, non appena finito di montare la tenda, è venuta a dirci, in maniera invero molto cortese, che non potevamo fare campeggio su un'area privata. La tenda è rimasta dov'era, sulla spianata di cemento antistante uno degli ormai dismessi ricoveri per i caicchi scavati nella roccia friabile lungo il vecchio molo: le abbiamo fatto notare, con altrettanta cortesia, che viste le difficili condizioni meteo-marine, non potevamo lasciare il porto, l'unico luogo davvero ridossato dell'isola. "It's fine", ci ha risposto prima di andare da tutt'altra parte. Tutto sommato, non lasciamo traccia e bivacchiamo per una sola notte.
E' la prima volta che ci capita che qualcuno ci avvicini per farci notare che non siamo autorizzati a fare campeggio nautico, non tanto in questo primo mese alle Isole Cicladi ma in generale in tutti i nostri ultra-decennali viaggi in kayak a zonzo per il Mediterraneo. La prima volta doveva accadere a Kimolos, la più piccola delle Cicladi occidentali. E doveva succedere con la più antipatica del paese, forse, visto che la mattina dopo gira in lungo e in largo senza salutare o parlare con nessuno, come invece qui è pratica quotidiana e condivisa.
Comunque, svegli così presto, abbiamo tutto il tempo per goderci il sorgere del sole al porticciolo di Psathi.
Facciamo colazione nella stessa accogliente pasticceria dove abbiamo cenato la sera prima. I dolci sono altrettanto invitanti, anche se molto meno numerosi, ed il frullato di frutta fresca e yogurt greco è una vera delizia. Ce la prendiamo molto comoda, come al nostro solito.
Del resto il Meltemi, che non ha smesso per tutta la notte di far ululare i fili della luce e di far tintinnare gli alberi delle vele, ha ripreso con rinnovato vigore ad imbiancare il braccio di mare tra Kimolos e Poliegos, l'isola gemella e disabitata. Là fuori è tutto una striatura argentata e solo il traghetto che fa la spola tra Psathi e Pollonia, il piccolo porto nel nord di Milos, si avventura tra le raffiche.
Contiamo tre corse prima di seguire anche noi la sua rotta.
In effetti, per quanto forte sia il vento, appena fuori dal porto di Psathi la costa alta del versante meridionale di Kimolos offre un buon ridosso, salvo in prossimità delle spiagge di sabbia di Alyki, Bonatsa e Kalamitsi, dove invece il Meltemi trova il modo di incanalarsi lungo le vallate dell'entroterra e di sfogare nuovamente le sue furie in mare.
Scegliamo di traversare prima di raggiungere il punto più stretto: il canale tra Kimolos e Milos è di appena un paio di chilometri ma il porto di Pollonia lo rende abbastanza trafficato. Col vento in poppa e le ondine argentate che spingono da dietro, la navigazione è divertente e poco impegnativa. Appena transita davanti alle nostre prue il solito traghetto di linea, viriamo a sud e traversiamo su Milos. E' un vero piacere prendere il tempo con le onde e navigare alla loro stessa velocità. Quando entriamo nel centro del canale sentiamo il vento rinforzare alle nostre spalle ed il mare ingrossarsi per le correnti che entrano nello stretto. Le onde crescono quel poco per farmi ancora apprezzare il morbido e regolare susseguirsi delle crestine imbiancate, senza farmi crescere l'ansia com'era accaduto soltanto il giorno prima sul capo settentrionale di Kimolos, dove era tutto un ribollire disordinato e ben più aggressivo. Continuo a cercare la sintonia tra il kayak e l'acqua che sale e che scende tutt'intorno e stavolta non solo ci riesco ma recupero anche un briciolo di confidenza. Mezz'ora dopo siamo nella baia di Voudia, riparata dal vento e sovrastata dall'eliporto di Milos: la manichetta arancione è ancora bella gonfia e perfettamente orizzontale.
Se tutte le spiagge di Milos sono come questa, ci metteremo parecchio a terminare il giro.
Nonostante la presenza di una delle miniere a cielo aperto più grandi dell'isola, con un'interminabile via vai di camion, che carichi e scarichi salgono e scendono lungo la strada sterrata che corre intorno a quel che resta della collina smangiucchiata, la costa è tutta da ammirare. L'odore di zolfo è penetrante ed i colori delle rocce sono incredibili: bianco panna, giallo limone, rosso amaranto, arancione e marrone, grigio e nero. La spiaggia invece è talmente chiara che sotto il sole di mezzogiorno dobbiamo indossare gli occhiali. L'acqua è lattiginosa sulla riva, dove le piccole onde frangenti rimescolano la sabbia finissima e bianchissima, ma poco oltre il mare diventa una tavolozza di blu, come nelle migliori cartoline del mare di Grecia.
Di fronte a noi ora c'è soltanto il mare, non si vedono più le altre isole Cicladi, troppo distanti: c'è solo mare fino a Creta, troppo lontana per essere scorta. Mare a perdita d'occhio, mare nero all'orizzonte, mare e vento.
Milos la bella ci protegge dal Meltemi e ci consente di scendere facilmente lungo il suo versante orientale. Si susseguono alcuni picchi rocciosi ed alcune calette raggiungibili solo dal mare, oppure seguendo sentieri talmente sconnessi che ci si avventurano solo un paio di quad, quelle strane moto a quattro ruote che sembrano il mezzo ideale per esplorare queste isole. Sui capi più pronunciati approfittiamo ancora delle raffiche che avvolgono l'isola e filiamo di gran carriera fino alle cale di Rema e Thiafes, dove più evidenti sono i resti delle antiche cave che punteggiano tutta la costa. Sulle rovine dei vecchi fabbricati in mattoni dorati sono distribuiti in maniera uniforme dei bagnanti arrivati chissà come, perchè questo sterrato che scende a zig zag nella gola sembra meno praticabile degli altri.
Proseguiamo sempre sospinti dal vento e, appena oltre il faraglione rosso fuoco di Kabanes, la piccola baia di Spathi ci offre un bel panorama dell'isola vulcanica, con torrette dalle forme mostruose e camini verticali tra rocce di colori completamente differenti e zone in cui l'erosione è tale che la terra diventa polvere e scivola in mare.
Appena oltre il promontorio tutto pinnacoli e rocce policrome di Akrotiri Spathi, si apre il golfo di Paliochori e dobbiamo rinunciare alla solitudine. E' tutto un pullulare di testoline in acqua, di barche in rada e di motoscafi che impazzano trainando i famigerati giochi d'acqua (quelle strane invenzioni gonfiabili che sembrano avere come unico scopo apparente di procurare lesioni vertebrali ai soggetti urlanti che ci stanno aggrappati sopra). L'odore di gasolio sovrasta quello di zolfo. La musica copre lo sciabordio dell'acqua. Gli ombrelloni di paglia ed i lettini di bambù (un piccolo accenno di natura in questo "divertimentificio" artificiale!) occupano la quasi totalità della spiaggia. Noi sbarchiamo nell'estremità meno frequentata e visto che non sappiamo resistere alle tentazioni, ci lasciamo sedurre dal richiamo di una delle tre taverne affacciate sul mare. Ma ci attende un'amara sorpresa: la peggiore cucina greca sin'ora sperimentata, olive ammuffite, tzatziki insapore, patatine fritte mollicce, suvlaki inesistenti, pomodori ripieni vecchi di qualche giorno e l'insalata greca più cara di sempre... tale è il disappunto che dimentico persino di chiedere il biglietto da visita, di cui ho cominciato una discreta collezione e che stasera, alla taverna numero 17, registra un vuoto. Meglio dimenticare dove si mangia tanto male. Se le taverne di Milos sono tutte così, il giro dell'isola sarà una pena.

Gli ultimi scorci di Kimolos prima della traversata su Milos
Nel canale tra Kimolos e Milos
La prima spiaggia di Milos
I colori di Milos
Gli ultimi scampoli della costa orientale di Milos
Lungo la costa meridionale
Il Voyager nell'acqua azzurra
Il Voyager nei giardini di roccia
Il Voyager ormeggiato!

Venerdì 22 luglio 2016 - 29° giorno di viaggio
Paliochori - Amoutsaki, Milos (23 km)
Vento NW 17-23 nodi (F5-6) - Mare mosso ma calmo con qualche raffica sul versante meridionale - Temperatura 26°C
Lasciare Paliochori non è difficile, specie quando riparte la musica a tutto volume del troppo vicino stabilimento balneare. Per quanto siano estremamente piacevoli, le note dei Gotan Project creano comunque un certo straniamento, perché non c'entra granché il tango argentino rivisitato in chiave moderna con le scogliere solforose di Milos affacciate sul Mar Egeo... Non sembra che queste sempre più frequenti cacofonie musicali diano fastidio più a nessuno, ma credo andrebbe valorizzato il contenuto in ragione del contenitore, o viceversa. Il mio amico Carlo, grande esperto di musica e contaminazioni di vario genere, avrebbe saputo dirlo molto meglio di così, ma insomma, per le spiagge greche è di gran lunga più azzeccata la musica tradizionale greca, rebetika o nisiotika che sia.
E' invece ben più difficile lasciare la baia di Kalami, qualche chilometro più in là, sulla quale emerge il cono vulcanico di Fryplakas, uno dei due crateri di Milos, entrambi ormai dormienti. La cenere vulcanica di un bel colore candido scende verso il mare lungo corridoi che disegnano sulla costa un reticolo intricato che vorresti passare delle ore a districare.
C'è una lingua di sabbia ai piedi del cratere che ci fermiamo a lungo ad ammirare, mentre le folate del Meltemi che raggiungono il versante meridionale dell'isola ci sospingono verso il largo. Proprio mentre scattiamo la centesima fotografia sopraggiunge un nutrito gruppo di kayak singoli e doppi, tutti o quasi dotati di timone, guidati da quello che intuiamo essere il titolare di Sea Kayak Milos, il centro che da oltre vent'anni propone pagaiate intorno all'isola. Il tipo sorridente ed abbronzato ci saluta e ci chiede, al solito, da dove veniamo e dove andiamo: "Oh, nice trip. What's your next island, then?" e ci invita a sbarcare insieme a loro sulla spiaggia ai piedi di una grotta abbastanza ampia da offrire ombra sufficiente all'intera comitiva. Ci piacerebbe anche condividere il pranzo, ma siamo presi dalla sacra curiosità di esplorare l'isola più bella.
Pagaiamo oltre Capo Fryplaka.
Qui i colori sono sempre gli stessi, bianco, giallo, rosso, grigio e nero, ma si alternano le striature agli inserti maculati alle mescolanze disordinate. E' tutto un rincorrersi di piccole grotte, piccoli promontori e piccole sculture naturali, di quelle che assumono forme fantastiche di mostri, elfi e animali mitologici.
Le raffiche del Meltemi fanno capolino in ogni golfo, si incanalano nelle vallate dell'entroterra e sfogano in mare allargandosi a ventaglio. Capita così che per il primo tratto il vento ostacoli la nostra avanzata, perché entrando nella baia ce lo ritroviamo esattamente di prua; ma ad un certo punto, seguendo l'arco della costa, saranno le nostre fiancate ad essere esposte al vento e alla fine, quando ormai abbiamo virato di poppa, riusciamo a sfruttare sempre le stesse folate che ci hanno rallentato per uscire di gran carriera dalla stessa cala. Ci capita oltre ogni capo, prima fatichiamo e poi godiamo. E' un bel divertimento, aumentato dalla straordinaria bellezza del paesaggio costiero.
Il tempo scorre senza che ce ne rendiamo conto e sbarchiamo per la pausa pranzo che sono già suonate le due del pomeriggio. Scoviamo una piccola spiaggia di ciottoli levigati e coloratissimi ai piedi di una villetta nascosta nella macchia, tra pareti rocciose che dal grigio perla hanno virato decisamente sul rosso amaranto. I colori sono tutti molto intensi, compresi quelli del mare che, cosparso di scogli più o meno affioranti, offre alla vista una vivace tavolozza di varie tonalità di blu.
Vogliamo scoprire cosa c'è oltre il capo successivo e ripartiamo dopo un pisolino veloce.
Ma restiamo delusi perché per un lungo tratto i mostri preistorici di roccia lavica devono condividere gli spazi costieri con i mostri moderni dei macchinari arrugginiti delle cave abbandonate. Gigantesche braccia meccaniche deturpano il panorama, in mare alcune boe galleggianti di notevoli dimensioni raccontano di un recente passato di alacre attività estrattiva e a terra le colline verdeggianti sono state scavate e mangiate e ora espongono all'aria polverosa i loro versanti spogli e tagliati a scaloni digradanti. Sarebbe bello se si potesse in qualche modo recuperare il paesaggio agli antichi splendori, ora che alcuni giovani pini marittimi e sparuti arbusti di ginepro si sono caparbiamente radicati sulle scalinate più riparate. Magari occupando gli spazi vuoti con delle ispirate installazioni di arte moderna, come avevo visto fare non ricordo più dove: le vecchie e dismesse e brutte cave a cielo aperto potrebbero diventare gli scenari naturali di spettacolari esposizioni scultoree... se solo ci fossero le idee, la voglia e qualche spicciolo da destinare al recupero del territorio.
Ci sono ancora molte miniere attive sull'isola di Milos che estraggono zolfo, pomice, caolino, bario, bentonite, perlite, allume e quarzo. La mappa indica in rosso anche gli antichi siti estrattivi di zolfo, manganese e ossidiana, la mia pietra lavica preferita perché nel suo nero durissimo si possono scovare lampi di morbido blu. Le brutte cave della costa meridionale di Milos si fanno dimenticare presto, non appena ci avviciniamo all'estremo capo sud-occidentale dell'isola.
Nella baia di Kleftiko si innalzano dalle acque blu isolotti e faraglioni bianchissimi, tutti forati da numerose grotte, archi naturali e passaggi segreti. E' un luogo da ammirare da ogni possibile prospettiva. E noi giriamo e rigiriamo coi nostri kayak tra uno scoglio e l'altro, finché non si allungano le prime ombre della sera. Peccato solo per la presenza di alcuni grandi yacht ancorati nei punti più belli e con le cime legate a terra, che ci costringono ad una gincana indesiderata.
Giriamo l'angolo e scoviamo il nostro angolo di paradiso.
Una bella spiaggia deserta al fondo di una cala dalle acqua turchesi dove non è ancorato nessuno. C'è solo un kayak doppio di color arancione, adagiato sulla battigia. E' di una giovane coppia che riposa appoggiata ad un tronco spiaggiato e che osserva il nostro sbarco. Hanno tirato un grande telo tra gli scogli per ripararsi dai raggi dell'ultimo sole e sembrano avere la nostra stessa intenzione. Anzi, noi abbiamo la loro, visto che sono arrivati per primi. Ci vengono incontro a darci il benvenuto e sono così cortesi e carini che quasi ci dispiace di essere arrivati ad occupare la stessa spiaggia. "Oh, no problem, there is plenty of place!" Ci dicono di essere scozzesi, di lavorare come guide per Cyclades Kayak e di avere approfittato di un paio di giorni di riposo per venire a fare bivacco alla fine dell'isola. Ci chiedono di noi, ammirati dai nostri Voyager. "Ah, arrivate da Atene. E volete circumnavigare tutte le Cicladi. Beh... l'estate scorsa noi abbiamo traversato da Milos a Santorini e ritorno in otto giorni ed eravamo molto orgogliosi della nostra avventura, ma adesso arrivate voi e... Respect!" Scatta subito la simpatia e le chiacchiere occupano il tempo lento del tramonto.
Ceniamo con cous-cous al sugo, arricchito delle due occhiate che mi hanno fatto la cortesia di abboccare alla lenza alla traina. Le lische lasciate volutamente su uno dei due nuovi "Caterpillar" di Mauro sfamano un bel gattone selvatico che quando ormai è calata la notte cala dalla scogliera e si serve poco lontano dalla nostra tenda, ripulendo il legno fin quasi a lucidarlo.

Kleftiko al tramonto
Pesce pescato, cotto e mangiato
Il campo sulla spiaggia "condivisa"
Kleftiko a mezzogiorno
Grotte a volontà
Buchi a gogò
Tatiana pronta a scattare
Oltre il capo sud-ovest di Milos 
Uno dei vari archi naturali della costa sud-orientale di Milos

Sabato 23 luglio 2016 - 30° giorno di viaggio
Amoutsaki - Agios Dimitrios, Milos (25 km)
Vento NW 15-22 nodi (F5) in attenuazione - Mare da mosso a poco mosso - Temperatura 26°C
E' bello svegliarsi in una cala condivisa con altri kayaker.
Occupiamo le due estremità della spiaggia, non facciamo alcun rumore e ci scambiamo da lontano dei saluti di buongiorno. Poi con calma, dopo la colazione, ci avviciniamo per fare ancora quattro chiacchiere. Eliot è prodigo di preziose informazioni, non soltanto su Milos, l'isola che conosce palmo a palmo, ma anche sulle altre isole limitrofe dove solitamente organizzano escursioni di due o più giorni: ci elenca le bellezze di Kimolos, che noi in parte abbiamo già ammirato, ci consiglia di pernottare su Poliegos e ci indica la spiaggia più adatta, ci racconta della loro traversata su Folegandros dell'estate passata e ci spiega dove dormire appena sbarcati a Santorini... Quando gli chiediamo un parere su Antimilos, lo scoglio roccioso e selvaggio che si erge imponente 5 miglia ad ovest di Milos, risponde categorico: "Don't go. It's a rock!" E così prendiamo la nostra decisione: saltiamo con Antimilos tutte le isole satelliti di Milos, visto che nessuna offre uno sbarco sicuro. Elliot continua a darci consigli: è un vero piacere stare ad ascoltarlo, si capisce subito che ha fatto della sua passione un mestiere, un gran bel mestiere, lo stesso mestiere che vorrei un giorno intraprendere anch'io, quando avrò finalmente capito cosa fare da grande.
Salutiamo lui e Vera un po' controvoglia ma i nostri programmi per la giornata divergono: loro devo risalire verso nord per incontrare il gruppo di escursionisti che ha prenotato anche un giro guidato in kayak e noi vogliamo tornare ad ammirare ancora per qualche ora gli straordinari pinnacoli di Kleftiko.
Ieri sera eravamo arrivati al tramonto, con la luce radente che tingeva d'argento ogni cosa. Stamattina entriamo nella baia che il sole è già alto ed i colori della terra e del mare sono così vividi da sembrare dipinti.
Peccato solo che i faraglioni più famosi di Milos siano presi d'assalto non solo da yacth di gran lusso, che perpetuano la cattiva abitudine di legare più di una cima a terra, ma anche da barche a vela, catamarani e grandi caicchi stracolmi di turisti. Sono talmente tanti e talmente stipati che abbiamo preso a chiamarli "carri bestiame". Ne arriva uno ogni due minuti e non riusciamo proprio ad immaginare dove possano sistemarsi tutti quanti senza finire uno addosso all'altro. Ne evitiamo più di qualcuno e riusciamo persino a scattare qualche foto ricordo senza che neanche un motoscafo entri nell'inquadratura.
Quando ci sentiamo accerchiati riprendiamo la nostra rotta e doppiamo il capo sud-occidentale di Milos per risalire verso nord. Lo spettacolo continua.
Anche il promontorio che chiude a sud-ovest l'isola di Milos, Akrotiri Psalida, è ricco di formazioni geologiche curiose ed interessanti: si aprono lungo la costa scoscesa una serie di punte rocciose che nascondono altre grotte, altri archi e altre innumerevoli stranezze naturali. Ci sono inserti color crema e bianco panna tra le scogliere di cioccolata e da lontano ricordano a volte il bancone di una gelateria. C'è tutta una serie di punte frastagliate in cui è un piacere curiosare, anche se manovrare i Voyager nei giardini di roccia non è proprio la cosa più semplice del mondo. Ci sono rocce levigate dall'azione del vento e del mare, altre lavorate come all'uncinetto, altre ancora che nei giochi di luci e di ombre assumono le fattezze di galline, dinosauri e orsacchiotti.
La cosa davvero incredibile è l'enorme varietà di colori. La costa è tutta a macchie.
Pagaiamo sempre col naso all'insù. Per tutti e tre i chilometri che ci separano dalla grotta di Sykia, la più spettacolare di Milos, una immensa grotta dalla volta crollata che ospita al suo interno una spiaggetta di ciottoli arrotondati: le pietre atterrate dal cielo in mare si sono sparpagliate a formare una scogliera irregolare lungo la quale nuotano, fotografano e urlano decine di bagnanti scaricati dai piccoli gommoncini che fanno la spola tra la grotta e la vicina cala, dove hanno gettato la doppia ancora e la doppia cima due grandi due alberi adibite a "carri bestiame". I nostri due amici scozzesi sono laggiù in un angolo che volgono le spalle alla folla e che rivolti alla parete rocciosa cucinano qualcosa per pranzo. E' un posto magico, quasi quanto la baia di Kleftiko, nonostante la ressa di persone e motori. Ci scambiamo i soliti saluti a distanza con Vera ed Eliot e Mauro trascorre qualche lungo minuto a chiacchierare con un nuotatore di Zurigo che non vuole credere al fatto che siamo partiti da Atene e soprattutto che staremo in giro per 4-5 mesi.
Facciamo una breve sosta sulla lunga spiaggia infuocata di Agios Ioannis, dove dopo poco sbarcano anche Vera ed Eliot. Altre chiacchiere e altri saluti. Solo quando ci imbarchiamo scorgiamo oltre lo sterrato che sale serpeggiando su per la vallata un monastero grandissimo e bianchissimo, che sembra quasi un castello per le bambole, con tanti muri alti e camini altissimi e finestrelle piccolissime. Gli volgiamo le spalle e risaliamo la costa occidentale, frastagliata ma meno interessante di quella meridionale perché più bassa e poco colorata.
Sui capi incontriamo onde alte e forti correnti e visto che il Meltemi soffia sempre a venti nodi, ovviamente contrari, impieghiamo più di tre ore per coprire gli ultimi 12 chilometri.
L'ultimo promontorio sembra non volere arrivare mai.
Sbarchiamo sotto la cappella un po' diroccata di Agios Dimitrios che siamo un po' stanchi.
Qui c'è l'usanza, diversamente da Creta e dalle Isole Ioniche, di issare la bandiera greca non già sulle taverne aperte sulle spiagge bensì sulle chiese affacciate sul mare. Nei primi giorni di viaggio alle Cicladi questa abitudine locale ci aveva alquanto confuso e alle prime delusioni era subentrata una certa irritazione. La bandiera è un forte simbolo nazionalistico, va bene per le caserme, per i palazzi comunali, anche per le taverne, se serve da richiamo per i viandanti del mare, ma non riusciamo proprio a capire la ragione di farla sventolare accanto alle campane. Potrebbe forse dipendere dal fatto che la vicinanza alla costa turca ha suggerito agli isolani greci, da sempre in rapporti difficili coi difficili vicini, di rivendicare la propria appartenenza in maniera tanto evidente, visto l'alto numero e la grande concentrazione di chiese e cappelle, e magari il messaggio identitario si è allargato dal Dodecanneso alle Cicladi... dovremo approfondire la questione.
Intanto, la bandiera greca della cappella di Agios Dimitrios sventola sulla nostra tendina per tutta la notte, offrendoci un immediato riscontro delle intenzioni del Meltemi, forte fino a mezzanotte passata e poi ragionevolmente moderato fino al mattino.

Altre meraviglie lungo la costa orientale di Milos
Basalti colonnari...
Nei pressi della grotta di Sykia
La grotta affianco a Sykia
La spettacolare grotta dalla volta crollata di Sykia
Risalendo verso nord
L'ultimo capo prima del golfo interno di Milos
Copertone da alaggio
Il santo della lavanderia

Domenica 24 luglio 2016 - 31° giorno di viaggio
Agios Dimitrios - Adamantas, Milos (8 km)
Vento NW 22-27 nodi (F6) - Mare mosso - Temperatura 25-26°C
Sono giorni che siamo senza connessione internet e, nel pieno rispetto della legge delle tre costanti universali, le macchie riesco a farle persino sulla sabbia e sul costume ed i capelli sono talmente indomabili che Mauro ha preso a chiamarmi "scovolino".
Benché Eliot ci abbia detto che possiamo risparmiarci la visita di Adamantas, il porto principale di Milos e l'attracco di tutti i traghetti di linea, delle navi da crociera e dei famigerati "carri bestiame", noi optiamo per una sosta in città, così da avere varie opzioni di scelta: il Museo delle Miniere, che sebbene finanziato dalla società mineraria che sull'isola fa il bello e cattivo tempo, offre una ricca esposizione di strumenti, rocce e minerali, oltre a varie documentazioni video-fotografiche sulla vita dei minatori; la preistorica cava di ossidiana alle porte della città, così magari trovo qualche prezioso reperto minerario; le rovine dell'Antica Milos, con le mura, il gimnasium ed il teatro dai sedili di marmo bianco, dove ogni anno ad inizio luglio organizzano il Festival di Milos, una manifestazione di danze tradizionali, musica jazz e cucina locale; le vicine catacombe cristiane, lunghe 185 metri, le più estese di tutta la Grecia e le più importanti dopo quelle di Roma, con 5000 salme inumate tra il II sec A.C. ed il VI sec. D.C.; oppure la "solita" Chora, che a Milos si chiama Plaka ed è la "solita" concentrazione di case e chiese, tutte rigorosamente bianche, raccolte ai piedi di un cono di lava alto 280 metri sul quale i veneziani avevano costruito una rocca andata distrutta e sostituita da una cappella.
Insomma, ce ne sono di cose da fare e da vedere, qui a Milos!
E per un giorno possiamo lasciare che il Meltemi si sfoghi per conto proprio...
Ce la prendiamo estremamente comoda e la colazione dura più del solito, complice l'ombra fresca che troviamo sul sagrato della chiesa. Fa capolino il gatto che ieri sera abbiamo sfamato con un parte della nostra razione di polenta al sugo e poco dopo si arrampica sul muricciolo, ma subito scappa via, una famigliola di capre selvatiche. Mentre il sole infuoca la baia entra in rada un piccolo peschereccio e quando ci imbarchiamo il pescatore sta trattando la vendita del pescato con un motoscafo che l'ha affiancato: ecco il vero pesce a chilometro zero!
Scendiamo di gran carriera nell'ampio golfo interno di Milos, sospinti dal Meltemi che evidentemente ha ripreso vigore dopo una notte di riposo. Raggiungiamo la bianca chiesetta di Agios Nikolaos, costruita su uno sperone roccioso all'ingresso di una stretta e lunga laguna dalle acqua basse e caldissime. La costa a tratti diventa alta e rocciosa e a tratti si apre in candide spiagge di sabbia fine. Al fondo del golfo, però, troneggia la centrale elettrica e noi scegliamo di tagliare verso il porto principale di Milos senza completare il periplo interno, sia per non pagaiare ancora controvento (la sfacchianata di ieri ci è bastata!) e sia per non incrociare la rotta dei traghetti in entrata ed in uscita. Quando noi attraversiamo il golfo non si vede sopraggiungere nessuno, nemmeno un "carro bestiame", forse perché è domenica. Ci sono "solo" due grandi navi da crociera ancorate appena fuori dal porto e le scialuppe arancioni fanno continuamente la spola per scaricare a terra o per ricaricare a bordo i villeggianti organizzati.
Sbarchiamo ai piedi del faro di ingresso del porto, ben distanti dal molo di attracco dei traghetti più grandi e ai piedi del cimitero militare francese, in cui sulla stele commemorativa centrale sventola un ultimo scampolo di blu della vecchia bandiera. La spiaggia non è un granché, tutta ciottoli e fili secchi di posidonia. Ma all'ombra delle cinque tamerici sbrilluccicano piccoli pezzi di ossidiana. Questa roccia vulcanica dai bordi taglienti era usata nell'antichità per costruire i primi strumenti e ha costituito per secoli una proficua fonte di scambi commerciali. Ne raccolgo una manciata, con palese disappunto di Mauro, per confrontarla con l'ossidiana di Ponza e Palmarola. Milos ricorda molto le nostre isole ponziane per gran parte dei suoi oltre 120 chilometri di sviluppo costiero, e ricorda un poco anche i Campi Flegrei per la presenza di vulcani e solfatare, e un altro po' anche Zante per tutte le grotte attorno a Kleftiko.
Adamantas ricorda solo un anonimo porto del Mediterraneo. Non ha una spiccata personalità come gli altri porti delle isole che abbiamo sin'ora visitato. Però offre molti servizi, uno dei quali fa giusto al caso nostro: la lavanderia self-service. Dopo un mese di viaggio i nostri sacchi a pelo stanno cambiando colore, per non parlare degli effluvi emanati dai nostri vestiti civili. Con due gettoni da 10€ laviamo ed asciughiamo tutto in meno di due ore. La taverna all'angolo svolge una doppia funzione strategica nell'attesa di ritirare il bucato: ceniamo da leccarci i baffi, rifacendoci della cocente delusione di Paliochori, ed aggiorniamo finalmente il blog dopo giorni di totale assenza di connessione.
La serata scorre tranquilla e la passeggiata per ritornare alla base sotto le tamerici, il nano-faro e la sfilacciata bandiera francese è molto piacevole nonostante la vivace vita notturna che anima i dintorni del porto...

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sabato 23 luglio 2016

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giovedì 21 luglio 2016

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mercoledì 20 luglio 2016

Sosta forzata a Kimolos

Martedì 19 luglio 2016 - 26° giorno di viaggio
Ormos Soufi - Ormos Soufi, Kimolos (0 km)
Vento NW 25-30 nodi (F6-7) - Mare agitato - Temperatura 26°C
Volevamo riposare ed il Meltemi ci ha accontentato.
Trascorriamo l'intera giornata sulla nostra spiaggia 10 e lode nel nord dell'isola di Kimolos. E' un piccolo angolo di paradiso, ridossato dal vento che gonfia il mare e solo a tratti è raggiunto dalla raffiche che tormentano le tamerici cresciute a due passi dalla battigia.
Stiamo rivalutando le tamerici: questi alberi bassi e dai fusti ramificati che abbiamo sempre disdegnato perché piangono lacrime d'acqua mista a resina, macchiando in maniera indelebile ogni cosa, hanno in realtà molte doti, sia per la capacità di crescere così vicine al mare che per il riparo che offrono dal vento e dal sole. Per quanto l'ombra che producono sia un po' povera, perché povere sono di fogliame, è sufficiente a farsi apprezzare nelle torride giornate estive. Inoltre, le tamerici delle Cicladi occidentali ci stanno proteggendo in maniera egregia dalle sfuriate del Meltemi e ci offrono molti rami cui legare le scottine rosse che ormai attrezziamo tutte le sere per mettere in sicurezza la tenda. Sono giorni che scegliamo le baie in cui fare sosta, per una pausa oppure per un campo notturno, in base alla presenza delle amiche tamerici.
Oggi passiamo tutto il giorno all'ombra delle "nostre" tamerici.
Facciamo la prima colazione sotto quella di sinistra, per osservare meglio il mare, poi prepariamo il pranzo sotto quella di destra e ci spostiamo di poco per il pisolino post prandiale, per una volta molto prolungato. Per cena, invece, ci rintaniamo sotto quelle centrali, molto più protette, dove abbiamo già predisposto il piano per la tenda.
Per ammazzare il tempo ci inventiamo un po' di tutto: saliamo sul promontorio maculato di rocce policrome per andare a guardare il mare aperto, facciamo una breve escursione lungo il sentiero costiero fino alla spiaggia accanto, visitiamo la chiesetta un po' malandata ma dal nome accattivante di Panagia Monastiriotissa, ci avventuriamo un poco nell'interno e curiosiamo qua e là tra i terrazzamenti che in parte conservano angoli di vigna bassa ormai selvatica. Nel pomeriggio mi dedico a razzolare in cerca di piccoli ricci di mare, rossi e verdi, di cui la spiaggia sembra pullulare: non deve essere un caso che nel passato l'isola di Kimolos era chiamata Echinoussa, per la grande quantità di ricci che Plinio narrava si trovassero nel mare intorno all'isola.
Il vento ci tiene impegnati più di ogni altra cosa.
Dobbiamo mettere in sicurezza tutte le cose che maneggiamo, altrimenti volano via. La sabbia sollevata dalle raffiche frusta le gambe e si infila dappertutto. In questa sosta forzata su Kimolos abbiamo l'ennesima riprova che tre sono le costanti dell'universo: la connessione qui è totalmente assente, le macchie riesco a farle anche su tovaglia e tovaglioli, praticamente ogni volta che mi siedo a mangiare, e dei capelli... lasciamo stare. Oltre ad essere ormai ingestibili, perché il vento li scompiglia e li intreccia, sono anche diventati un nido di rametti di tamerici, di foglie di posidonia e di un quintale di granelli di sabbia. Di lavarli neanche ci pensiamo. Qui fa talmente freddo che di bagni non se ne parla. Anche a stare al sole con la maglietta indosso non riusciamo a sentire caldo. Il vento abbassa non soltanto la temperatura reale ma soprattutto quella percepita: stanotte dormo col pigiama pesante, quello della versione autunnale, benché siamo solo al 19 di luglio.
Il vento ci impensierisce anche più di ogni altra cosa.
Saliamo sul promontorio per misurarlo con l'anemometro, visto che non abbiamo modo di ricevere previsione meteorologiche aggiornate: il Meltemi soffia imperterrito a 40 chilometri orari e le raffiche più forti superano i 50! Il mare lo osserviamo dall'alto: è tutto rigato di frangenti, con onde ben più alte di quelle del giorno precedente, quando abbiamo attraversato il canale tra Sifnos e Kimolos. Torniamo a misurare il vento nel pomeriggio e pure in serata. Ma non cambia nulla. Per tutta la giornata la nostra piccola baia protetta è spazzata da raffiche che nebulizzano l'acqua e che ad un certo punto cominciano anche a creare mulinelli.
La baia esterna è tutta in subbuglio e gli schiaffi del mare sulla costa provocano degli sbuffi così alti che temiamo di non poterci più muovere dalla nostra spiaggia 10 e lode.
Passiamo buona parte del tempo a fare e disfare programmi.
Abbiamo scorte di acqua e viveri sufficienti per altri due-tre giorni. Anche se il Meltemi non dovesse calare, come spesso succede, siamo sicuri di poter sopravvivere nel nostro piccolo angolo di paradiso. Tutt'al più, andiamo a piedi in paese a fare rifornimento. Ci interroghiamo invece sul percorso da seguire: secondo il programma originario elaborato da Mauro, dovremmo costeggiare Kimolos in senso antiorario e scendere sul versante occidentale prima di traversare su Milos, per poi terminare il periplo risalendo il versante orientale prima di raggiungere Poliegos. Ma col vento che imperterrito imperversa da nord forse è il caso di doppiare il capo settentrionale proprio quando è più battuto dal Meltemi. Pensiamo di procedere in senso orario, anche per potere fare spesa nel porto principale di Kimolos. Ma poi ci chiediamo se non valga la pena rispettare il primo piano ed affrontare le bizze del capo nord per raggiungere quelle sorgenti di acqua termale a cui pensiamo da giorni come ricompensa per gli sforzi sostenuti. Dopo qualche altro minuto di riflessione pensiamo di tornare al piano B e di scendere lungo la costa orientale per rimanere ridossati da onde e vento.
Alla fine capiamo che, per quanto ne parliamo, sarà il Meltemi ad avere l'ultima parola.
Ceniamo alle sette e mezza e andiamo a dormire che è ancora giorno.
Prima però dobbiamo sostituire uno dei paletti di alluminio della tenda che il Meltemi con una raffica ha spezzato. E' un chiaro segnale: dovremo restare ancora a lungo sulla spiaggia 10 e lode. E dobbiamo anche pensare di rinforzare la tenda per la notte: Mauro ha ideato il sistema dei "piedi" ed invece di piantare i soliti picchetti, che anche quando sono quelli lunghi per la sabbia finiscono sempre per saltare via, sistema ai quattro angoli due bacchette di vetroresina, ricavate dai vecchi paletti della tenda, e li fissa a terra con delle pietre. L'impresa è trovarle, le pietre pesanti, su quest'isola di origine vulcanica dove ci sono solo pomici e pietre friabili e leggere. Dobbiamo disfare una delle mie strutture di rock-balancing, ma è per una giusta causa e non mi oppongo.
E' una delle notti più lunghe del viaggio, con la luna piena che ci fa l'occhiolino tra le fronde ondeggianti delle tamerici. Il Meltemi, com'era prevedibile, non va a dormire.

L'uomo del vento
Ormos Soufi: la nostra cala 10 e lode di Kimolos
Castelli di sassi
In cucina
"Il Piede"
"Il Piede" nella scarpa
Una delle cave della costa orientale di Kimolos
Una delle tre isolette Revmatonisia nei pressi di Psathi
Spedizione felice
La biblioteca di Chorio
I ciottoli decorati del centro storico
Serata rilassata

Mercoledì 20 luglio 2016 - 27° giorno di viaggio
Ormos Vrouli - Psathi, Kimolos (11 km)
Vento N 27-32 nodi (F6-7) - Mare da molto mosso ad agitato, con onde di due metri frangenti - Temperatura di 26°C
Invece la mattina nasce tranquilla.
Alle otto il sole ci sveglia ed il mare sembra abbastanza pacificato.
Il Meltemi ha smesso di ululare tra le piante e non imbianca più la baia.
Decidiamo di andare.
Sono solo due chilometri al capo nord-orientale, quello sormontato dalle cave di perlite, bentonite e caolite che la guida definisce, insieme a quelle di Milos, come i principali centri di produzione e lavorazione dell'intera Unione Europea. Sono poi altri due chilometri alla baia ridossata di Prassa, nei pressi della quale sorgono altri bagni termali.
Prima che il Meltemi rinforzi, come solitamente fa intorno all'ora di pranzo, ci sbrighiamo a riassettare i kayak e ci mettiamo in mare. Un mare grosso, specie sul capo. Però navigabile, come dice subito Mauro. Proseguiamo. Le onde crescono insieme alla mia agitazione: quando salgo in kayak ed il kayak sale sulle onde, io mi sento tutta un fremito che dalla gola scende alla bocca dello stomaco prima di prendermi alle gambe. Allora inizio a parlare da sola, per tranquillizzarmi e per sentire a voce alta quello che mi sta succedendo attorno: è solo acqua che sale e acqua che scende. Solo che sale tanto e scende altrettanto. E spesso frange, anzi frange sempre e sul capo mi ritrovo a fare un appoggio a destra, poi uno a sinistra e poi ancora un terzo a destra. Le onde di ritorno, che di solito confondono la trama del mare, oggi qui la rimescolano al punto che non si capisce più granché. Mi allontano un po' per evitare di ballare ancora su quel tagatà e mi avvicino a Mauro, che come al suo solito pagaia sempre come se niente fosse. Avanziamo lentamente, ma senza altri contrattempi.
Poi però dobbiamo virare verso sud-ovest ed il mare che prima avevamo al traverso diventa al giardinetto, cioè ci raggiunge da dietro e ci solleva spesso le poppe. E allora io mi ritrovo ad appoggiare praticamente su ogni onda, anche quelle che non frangono ma che mi spingono così forte da farmi surfare su almeno tre o quattro onde consecutive. Poi arriva il momento cruciale: dobbiamo virare ancora verso sud e le onde ci arrivano di poppa piena. E io comincio a soffrire: non c'è niente da fare, il mare di poppa è da sempre quello che più mi infastidisce. Non è tanto il movimento delle onde, o il loro fragore, o la spinta che imprimono al kayak. E' invece il guardarle crescere alle mie spalle, salire oltre la linea dell'orizzonte e ancora più su, crescere ancora e ancora, prima di franare dietro le mie spalle, quando va bene, oppure sul mio pozzetto, e va ancora bene perché riesco sempre a fare un appoggio da manuale. Ma non va bene il fatto che se continuo a fare solo appoggi non vado da nessuna parte. Mauro mi guarda perplesso e mi aspetta. Io mi prometto di non guardare più all'indietro e restringo la sguardo soltanto davanti alla prua del Voyager. Mi concentro. Mi calmo. E mi diverto (quasi). Di più quando doppiamo finalmente l'ultimo capo e le onde diventano gestibili, sempre gonfiate dal vento ma meno imbizzarrite. Allora filiamo insieme fino al porto principale di Kimolos, passando di corsa lungo una costa bassa, bianca, rocciosa e costellata di calette per niente ridossate.
L'unico ridosso sicuro è proprio il porto di Psathi.
Sbarchiamo e cerchiamo la prima taverna. Mangiamo a quattro palmenti.
Poi controlliamo gli orari dell'autobus per la Chora, dove pare siano concentrati tutti i negozi di alimentari dell'isola. Saliamo in paese anche per un'altra incombenza, che non ci era mai capitato prima di assolvere in un viaggio in kayak: spedire a casa una scatola dei miei preziosi ritrovamenti (spugne, ricci e conchiglie varie...) L'accordo con Mauro è che posso raccogliere soltanto cose leggere, lasciando perdere i galleggianti, troppo numerosi. L'altro giorno però mi sono ritrovata a lasciare a terra almeno tre bottiglie d'acqua (vuote!) per far posto ai miei reperti e Mauro non ha mostrato di gradire la scelta. Così a Sifnos ho provato a spedirli, senza però rendermi conto che salivamo alla Chora di domenica, e la posta era rigorosamente chiusa. La troviamo chiusa anche qui a Kimolos, ma l'unico impiegato asserragliato a chiave dentro i due locali freschissimi ci apre e ci accontenta. Per una spesa ragionevole spedisco a casa la mia prima scatola!
Abbiamo tutto il tempo, prima che aprano i negozi (che qui rispettano lo strano ma comprensibile orario delle 18.00-22.00), di visitare la Chora di Kimolos, che qui si chiama Chorio, vale a dire "Il Paese". Se non hanno mostrato alcuna fantasia nella scelta del nome, gli abitanti del capoluogo, la quasi totalità dei 600 residenti dell'isola, hanno invece dimostrato di avere un gusto tutto particolare nell'abbellire i vicoletti pedonali del centro storico. Intorno al vecchio e dirupato castello medioevale, rovinato dalle numerose incursioni dei pirati, sorgono un pugno di case basse, tutte imbiancate a calce, ed un numero impressionante di chiese, sempre bianche. Siamo come al solito gli unici visitatori della Chora, in queste ore tra le più calde della giornata, ma noi non abbiamo ancora caldo, non nel vero senso della parola, forse perché ancora risentiamo degli sbuffi freddi del Meltemi. Girovaghiamo e ci perdiamo e ci ritroviamo. Scoviamo angolini davvero suggestivi, la biblioteca del paese ed alcuni negozi di prodotti artigianali in cui passerei l'intero pomeriggio. La cosa in assoluto più attrattiva di tutta la visita è stata la camminata sui viottoli di ciottoli dipinti di vernice bianca, in maniera sempre diversa e sempre creativa. Poi è tutto un profluvio di vasi colorati, di basilico profumato, di sottopassaggi ombreggiati, di tavolini all'aperto e signore anziane che attaccano bottone anche se non parlano inglese (e noi con crescente rammarico non parliamo greco: il nostro scarno vocabolario si è arricchito solo dei piatti da ordinare in taverna!)
Per tornare al porto saliamo di proposito sull'autobus sbagliato e facciamo una lunga visita della parte meridionale dell'isola lungo strade dissestate e polverose, mai asfaltate e tutte curve e dossi e passaggi impraticabili che però l'autista (che stavolta indossa dei sandali, osserva Mauro) affronta con estrema confidenza come fosse in autostrada.
Arriviamo sani e salvi a destinazione, scarichiamo la spesa ai kayak, perlustriamo il molo per scovare un posticino riparato e buio abbastanza per montare la tenda ed in attesa che scendano le tenebre ci rifugiamo nel più bel locale del lungo mare. Abbiamo mangiato talmente tanto a pranzo che ci rimpinziamo "solo" di dolci tradizionali e gelato artigianale.
La luna sorge dietro Poliegos e si fa strada tra gli alberi delle vele ormeggiate in porto.
Noi siamo contenti di avere riparato nel posto più riparato di tutta l'isola.
Il Meltemi non accenna ad andare a dormire neanche questa notte.