SUMMER OPEN SEA KAYAK EXPEDITION...

Fin dalla prima volta che ci siamo avventurati sul Mar Egeo, abbiamo fantasticato di pagaiare per un lungo periodo tra le sue innumerevoli isole... senza avere l'assillo di dover finire nel tempo a disposizione quello che ci eravamo prefissati.
Ora questa aspettativa si è concretizzata: il viaggio inizia a fine giugno con un biglietto di sola andata...
Quando avremo finito le Isole Cicladi... torneremo a casa...
Tatiana e Mauro

Please use the translator on the left.
We're paddling most of the day and we don't have enough time to translate every single post...
We're confident you understand our position!


venerdì 15 luglio 2016

Tre giornate di bonaccia

Mercoledì 13 luglio 2016 - 20° giorno di viaggio
Megàlo Livadi - Ormos Alevrakia, Serifos (28 km)
Vento N 16-22 nodi (F5) in attenuazione - Mare poco mosso - Temperatura 27°C
Serifos è l'isola più bella e più brulla tra quelle sin'ora visitate.
Narra la leggenda che l'eroe Perseo, tornato per salvare la madre Danae dal re dell'isola Polidecte che voleva rapirla, si infuriò talmente tanto da pietrificare non soltanto il sovrano e tutta la corte ma anche l'intera isola.
Un tempo Serifos doveva essere verdeggiante.
A dispetto del suo aspetto, infatti, l'isola dispone di cospicue risorse idriche e la mappa è piena di simboli di sorgenti, fontane e cisterne. Ieri sera, per esempio, nella taverna gestita dal greco col sorriso più bello dell'Egeo, ci hanno servito l'acqua fresca in una caraffa: è stata la prima volta da quando abbiamo iniziato il viaggio alle Cicladi, tutte notoriamente povere d'acqua, specie in estate. La guida spiega che nel passato l'isola vantava coltivazioni di grano e terrazzamenti di vigneti e l'uva di Serifos veniva esportata in grande quantità coi caicchi locali. Ora dalla costa non siamo riusciti a vedere un solo albero, salvo le tamerici piantate a distanza regolare sulle spiagge pià frequentate. Neanche nella vallate interne riusciamo a scorgere del verde, salvo qualche rara macchia di oleandri in fiore. Fatichiamo ad immaginare l'isola ricoperta di piante ma forse prima di Perseo può avere avuto un passato lussureggiante.
Pare che ora le attività prevalenti dell'isola siano l'allevamento, la viticoltura e la raccolta del narciso selvatico per esportazione (a che servirà mai il narciso selvatico saremmo curiosi di saperlo, di certo quello di Serifos è molto selvatico!)
Sin dai tempi antichi, comunque, la vera ricchezza di Serifos era costituita dai giacimenti di ferro, rame ed ametista. Molte sono le baie che conservano le tracce evidenti delle estrazioni. Anche Megàlo Livadi, il piccolo borgo dove abbiamo passato la notte, era un vecchio porto di smistamento dei prodotti metallurgici. Oggi in disuso, ma attivo dalla fine dell'Ottocento fino al 1951, il centro deve essere stato il più grande dell'isola, a giudicare dal suo nome. Conserva ancora i resti del vecchio pontile, dei binari e dei vagoni dismessi, abbandonati in bella mostra sul pendio oltre alle case ormai in rovina dei minatori.
Una delle guide turistiche che abbiamo consultato prima di partire racconta che ai primi del Novecento i minatori dell'isola, che a quel tempo costituivano quasi la metà della popolazione, scioperarono per ottenere la giornata lavorativa di otto ore, migliori misure di sicurezza sul lavoro ed un aumento del salario. Il proprietario tedesco della miniera fece intervenire le forze dell'ordine e, storia tante volte ripetuta, diversi minatori vennero uccisi e due poliziotti furono lapidati dalla folla. Forse erano gli stessi proprietari dell'edificio più grande del paese, che per quel che abbiamo visto dal mare potrebbe essere anche il più grande dell'intera isola, e seppur diroccato conserva un fascino tutto particolare che impreziosisce la piccola cala. Forse è in memoria di quel triste episodio di lotte operaie che è stato eretto il piccolo monumento in marmo bianco che sovrasta la spiaggia, almeno secondo la nostra interpretazione dei bassorilievi di martello, piccozza e casco da minatore.
Uno dei segni più evidenti dell'antica attività estrattiva dell'isola è la ricca serie di sentieri pavimentati che corrono su e giù per le vallate dell'entroterra e che permettono agli escursionisti di visitare Serifos in maniera alternativa. In alcuni punti della costa sono ancora visibili i vecchi tracciati dei binari e i tanti moli in pietra che restano come sentinelle silenti a testimonianza di un lontano e fiorente passato.
Lasciamo a fatica il nostro campo di Megàlo Livadi, anche se ci è toccato di dormire sul cemento della veranda di ingresso di una delle casette moderne ma ugualmente abbandonate che si affacciano sulla spiaggia, troppo stretta e ciottolosa per pensare di montarci la tenda. Nessuno sembra fare caso a noi, né i pochissimi residenti né i due giardinieri intenti a ripulire a mani nude un'ala del palazzotto decadente da una montagna di arbusti secchi ed erbacce ingiallite.
Passa un autobus e scarica sei turisti. Per evitare la folla, noi riprendiamo il mare.
Risaliamo verso nord per completare la circumnavigazione dell'isola.
Pagaiamo per sei chilometri contro vento e ci mettiamo quasi due ore, perché oggi il Meltemi propone le sue ultime sbuffate prima delle annunciate giornate di bonaccia. Ci affacciamo alla cala dove siamo sbarcati dopo la traversata da Kithnos e facciamo ciao ciao con la manina al nostro primo campo sull'isola, chiudendo così idealmente il periplo di Serifos.
Viriamo poi di 180° e scendiamo a favore di vento fino al capo sud-occidentale, impiegandoci poco più di mezz'ora. Se volessimo traversare su Antimilos, il cui profilo a panettone svetta lontano all'orizzonte ed è ben visibile nonostante la spessa foschia della giornata, potremmo arrivarci in poche ore e senza nessuna fatica. O quasi. Invece la nostra rotta è diversa e prima di Antimilos abbiamo in programma di visitare qualche altra isola.
Ci piace sempre molto cambiare rotta e guardare la stessa isola da un'altra prospettiva: sembra quasi un'isola diversa e si scoprono tante cose che pagaiando nell'altra direzione non erano evidenti o visibili.
C'è un monastero sulla baia di Megàlo Livadi che prima non avevamo notato e che in piccolo ricorda quello imponente della costa settentrionale, il Monastero di Taxiarches, il più importante dell'isola, simile ad una fortezza, cinto da una cerchia di mura bianche alte 8 metri e costruito nel XV secolo su uno dei picchi montuosi più inaccessibili di Serifos. Questo come quello ha le finestrelle piccole come capocchie di spillo e sono aperte sul mare soltanto nella parte superiore della costruzione: le cellette dei monaci, alcune riservate anche ai pellegrini, devono essere davvero simili a piccole celle di una prigione, e forse non a caso hanno lo stesso nome...
Continuiamo nell'esplorazione dell'isola, ora che il Meltemi è calato ed il mare calmo ci consente di infilare le prue dei nostri kayak in ogni più piccola rientranza della costa.
Facciamo una sosta per il pranzo nella splendida caletta deserta di Achladhi.
Siamo soli, non c'è un sentiero che permette da terra di raggiungere la spiaggia e non ci sono barche all'orizzonte. C'è solo un nibbio che vola alto nella gola bruciata dal sole. Fa troppo caldo anche all'ombra delle solite tamerici per restare a lungo a farsi cullare dal frinire delle cicale e così salto la salutare pennichella e la sosta diventa più breve del solito. Baratto con Mauro la rinuncia al sonnellino con una seconda sosta fuori programma: tornare nella cala dei mulinelli Forza 10 per recuperare due pezzetti di ferro che avevo raccolto durante la visita alla vecchia miniera ma che avevo sbadatamente dimenticato là. "Ma figurati se li ritrovi", mi dice sarcastico Mauro, senza tenere conto della grande forza attrattiva che il ferro esercita sulla mia persona (e/o viceversa!). In effetti, la spiaggia dove abbiamo fatto ieri una sosta più lunga del solito è stata spazzata dalle forti raffiche di Meltemi per molte altre ore. Oggi però sembra un'altra cala, e tutta l'isola sembra un'altra isola: non c'è più un alito di vento e la baia è dipinta del blu del mare profondo, non più del bianco delle onde increspate dal vento. I miei due pezzettini di ferro sono ancora lì, sepolti sotto un leggero strato di sabbia ma sempre nello stesso punto in cui li avevo dimenticati, come se non aspettassero altro che di ritornare tra le mie mani!
Quando il Meltemi cala, non riesce più a scavallare l'isola ma la costeggia e la avvolge. Noi che ora navighiamo lungo il versante meridionale ci ritroviamo il vento in poppa sul capo sud-occidentale e poi il vento in prua su quello sud-orientale.
Ammiriamo il più bel faro dell'isola da un'altra angolazione e proseguiamo alla ricerca del nostro ultimo campo su Serifos.
Sbarchiamo all'ora giusta nella cala perfetta.
Una mezza luna di sabbia dorata racchiusa tra scogliere argentate.
Non c'è una casa nella vallata interna e la strada corre alta sulla collina più lontana.
Facciamo tutto con calma: Mauro sistema le attrezzature elettroniche e controlla che i pannelli solari, che hanno finalmente ripreso a funzionare, siano esposti all'ultimo sole nella maniera migliore possibile; io mi diletto a cercare micro-ricci e micro-conchigliette finché non arriva l'ora di montare la tenda. E' il nostro campo 10 e lode.
Non si accende nessuna luce a terra e la mezza luna illumina le rocce levigate all'intorno apposta per farci godere della nuova scenografia notturna della cala perfetta.

Il vecchio palazzotto delle miniere di Megàlo Livadi
Lungo la costa meridionale di Serifos
All'ombra di cala Achladhi
Una delle calette più belle dell'isola...
Riattraversiamo il golfo che soltanto ieri era battuto dal vento...
Doppiamo il capo sud-orientale di Serifos
La spiggia dorata della cala argentata
Ormos Alevrakia
Il nostro campo 10 e lode!
I due Voyager pronti per la traversata da Serifos a Sifnos
Selfie a Serifos
Traversata trafficata
L'arrivo a Serifos, nel piccolo porticciolo di Cheronisos

Giovedì 14 luglio 2016 - 21° giorno di viaggio
Ormos Alevrakia, Serifos - Ormos Vroulidia, Sifnos (23 km, di cui 16 in traversata)
Vento assente - Mare piatto come una tavola - Temperatura prossima all'ebollizione
Lasciare la nostra casa per una notte oggi è più difficile del solito.
La cala 10 e lode esercita un'attrattiva molto particolare, anche di primo mattino.
Cerchiamo e troviamo tutte le scuse, più o meno plausibili, per prolungare il nostro soggiorno nella cala più bella di Serifos. Anche le altre spiagge dell'isola su cui abbiamo montato il campo ci sono rimaste nel cuore, quella dove ho costruito il riparo di tronchi, quella dove mi sono dedicata alla "pescicoltura" e persino quella dello scalino roccioso, ai piedi della taverna. Ma questa ha una sua magia particolare: pur essendo alle porte della città di Livadi è calata nel silenzio più assoluto, lontano da tutti e da tutto, talmente isolata da farci riscoprire il piacere del naturismo. Non è mai stato così facile smontare la tenda, senza il vento a complicare l'operazione; non è mai stato così difficile riassettare i kayak, col rischio concreto di arrostire al sole. Non si muove una paglia. Ecco a che serve il Meltemi: a non mandare in pappa il cervello. Tergiversiamo ancora un po' per lasciar passare tutti i traghetti che nell'ora di punta raggiungono il porto principale di Serifos. Arrivano le undici e noi ancora non siamo pronti.
Quando però l'arsura diventa insopportabile ci facciamo un ultimo bagno refrigerante e di slancio partiamo per la traversata su Sifnos.
Il mare è una tavola blu. Non c'è neanche le più piccola increspatura. Forza zero!
In navigazione ci fanno compagnia decine di barche a vela con le vele ammainate.
Non se ne abbiamo a male gli amici velisti, ma non ci spieghiamo perché quando non c'è una bava di vento l'orizzonte si riempie di vele "costrette" ad andare a motore, mentre quando soffia il Meltemi di barche a vela se ne vedono pochissime, e di queste ancora meno dimostrano di sapere sfruttare il vento. Possibile mai che i soli velisti che hanno risalito a vela il Mar Egeo siano quei due o tre che hanno poi scritto dei libri? Noi li abbiamo anche letti, i loro racconti di veleggiate nel Meltemi, e ci sembra di ricordare che non aspettassero altro che un bel Forza 5 per mettersi in viaggio... Dove sono finiti tutti gli altri? Non vogliamo essere fraintesi: abbiamo una grandissima considerazione dei velisti, sappiamo di poter contare sulla loro profonda conoscenza del mare, quando li incontriamo in mare ci sentiamo meno soli e non ci mai sentiamo minacciati dalla loro vicinanza come invece capita quando incrociano la nostra rotta i purtroppo più numerosi "cafonauti". I velisti sanno cosa fare con la loro barca, sanno come domare le onde e come giocare col vento. Ma quelli che stiamo incontrando in mare qui nelle Cicladi sembrano tutti degli sprovveduti alle prime armi. Quello che dovrebbe essere il paradiso della vela potrebbe essersi trasformato sotto i nostri occhi in un purgatorio dove vengono a scontare chissà quali pene i velisti meno preparati del Mediterraneo...
Speriamo di ricrederci presto.
Mentre siamo presi da questa accesa discussione, nel bel mezzo della nostra quinta traversata, proprio a metà mare tra Serifos e Sifnos, vediamo sopraggiungere un aliscafo. Non è la solita nave veloce, questa è troppo veloce e quando si avvicina capiamo che si tratta del catamarano veloce "SpeedJet" che già altre volte abbiamo visto passare tra le isole. Ci mettiamo qualche minuto per capire qual'è la sua rotta e, per rendere più evidente la nostra, viriamo di circa 20 gradi. Il comandante ci usa la stessa cortesia e ci permette di proseguire sereni verso la nostra meta finale.
Mauro allora mi fa notare che stiamo navigando su fondali di 430 metri: "Finché c'è l'acqua, sennò sai che bel salto!". Tranquillizzante, non c'è che dire!
Ci metto un po' a riprendermi quando sopraggiungono altri due traghetti. Questi sono i soliti traghetti di linea, che ormai sappiamo riconoscere sia dai colori degli scadi che dai suoni di saluto in ingresso nei porti, ciascun traghetto ne usa uno diverso. Uno dei due ci passa così vicino che fa rimbombare tutto il mare all'intorno. Ma per fortuna arrivano ben cinque onde a movimentare la piatta totale della giornata di traversata!
Dopo tre ore esatte sbarchiamo a Sifnos nel piccolo porticciolo turistico di Cheronisos, uno dei centri pù rinomati dell'isola per la produzione di ceramica. Pare che siano stati i primi sifioti ad inventare i tegami di coccio per la cottura in forno, cosa che ha favorito anche l'evoluzione della gastronomia locale con la preparazione di pietanze più ricercate. Il vecchietto che lavora al tornio nel negozietto affacciato sul mare mi mostra come usare la piccola anfora appesa alla trave del soffitto per bere il vino secondo la tradizione locale e mi spiega con qualche parola di italiano che le belle creazioni in terracotta con tre beccucci come fiori dal calice a trombetta sono in realtà dei comignoli ed i tre fori servono per favorire la fuoriuscita del fumo quando tira vento... che qui è una costante, eccezion fatta per queste giornate di bonaccia!
La guida dice anche che Cheronisos è uno degli angoli più selvaggi dell'isola ed uno dei meno battuti dalle rotte turistiche. Noi tremiamo all'idea: nella caletta stipata di piccoli pescherecci e di caicchi colorati, si ammassano anche una decina di casupole bianche, una chiesetta, un minimarket, due negozi di ceramiche, due taverne ed un caffè. Noi sperimentiamo all'istante le pietanze ricercate della gastronomia locale ma desistiamo subito dall'idea di passare qui la notte.
Dopo avere schivato le testoline di una ventina di bagnanti, riusciamo a conquistare un rettangolino di sabbia e ci infiliamo nella prima taverna. Che in realtà è una "psarotaverna", cioè una taverna che offre un menù a base di pesce, spesso pescato la notte precedente. Come da migliore tradizione, la giovane cameriera ci chiede di entrare in cucina per scegliere il pesce che desideriamo mangiare, subito pesato, prezzato e cucinato. Optiamo per due scorfani, sapendo che non saremo mai in grado di pescarli da soli: sono gustosissimi, come lo tzatziki e l'insalata greca col formaggio locale che ci viene servita prima del caffè frappè e dell'immancabile tzipouro, il distillato greco che più apprezziamo.
Ripartiamo che sono ormai scoccate le sette di sera, quando Mauro comincia ad inneggiare ad Erode perché in acqua giocano orde di ragazzini, urlando come degli ossessi.
Pagaiamo ancora pochi chilometri per raggiungere una caletta che abbiamo già adocchiato sia sulla carta che avvicinandoci all'isola, e che è completamente esposta ad ovest: ci aspetta un tramonto sul mare!

Dopo aver messo piede su Serifos iniziamo l'esplorazione di Sifnos
Primo tramonto su Sifnos
Primo campo su Sifnos
Prima colazione a Sifnos
Appolpato!
Sedia telefonica: unico punto di ricezione della cala
La granchio-roccia sulla costa nord-orientale di Sifnos
Mauro esulta per il ritrovamento del nuovo Legno ribattezzato "Caterpillar"
La cala dello shampoo e del bucato
Lo scoglio sul mare sembra o non sembra la signorina Rottermeier?!?
Chiese ovunque
La prima doccia dall'inizio del viaggio!

Venerdì 15 luglio 2016 - 22° giorno di viaggio
Ormos Vroulidia, Sifnos - Faros, Sifnos (26 km)
Vento S-SE 2-3 nodi in aumento (F1) - Mare liscio come uno specchio - Temperatura 30°C (percepita 50°C!)
Ci svegliamo con il belato di qualche caprone disperso nella macchia mediterranea che ricopre la vallata interna della nostra spiaggia. Chiamarla spiaggia è un po' esagerato, visto che i granelli di sabbia son grandi come uova di dinosauro. Mauro però è sempre capace di scovare angolini comodi ed in piano e stanotte abbiamo dormito dieci ore filate su un tappeto di morbida erbetta. Scopriamo al mattino che si tratta del parcheggio della vicina taverna e ci andiamo a fare colazione: yogurt col miele e biscottini con semi di sesamo. La signora non parla inglese, noi non parliamo greco ma passiamo comunque una buona mezz'ora a parlare del nostro viaggio in kayak da Atene lungo le Isole Cicladi occidentali. "Bravo, bravo" continua a dire intanto che ci salutiamo.
Passiamo il capo settentrionale di Sifnos, sormontato da un nano-faro quasi invisibile, mentre ci vola attorno uno stormo di berte maggiori: questi uccelli dal bel piumaggio marrone e dal ventre color panna hanno una maniera molto elegante di sfiorare le onde, quasi senza battere le ali, e cercano il pesce con evoluzioni degne dei migliori aviatori. Non le avevamo mai incontrate in mare quando non tira vento, ed in effetti oggi non volano ma si riposano adagiate sull'acqua.
Il mare è "forza olio".
Sono più le abluzioni delle pagaiate, per buona parte della giornata.
Anche quando ci bagniamo, però, non proviamo alcun sollievo perché l'acqua è bollente.  
Rincorriamo le più piccole increspature della superficie del mare come fossero dei miraggi. Ed in effetti, quando le raggiungiamo, la leggera brezza che le ha disegnate scompare come in un'allucinazione. Ci caschiamo ripetutamente, in queste false speranze, finché non ripariamo per la pausa pranzo in un piccolo triangolo di spiaggia di ciottoli ai piedi di un torrente in secca. Sbarchiamo per trovare refrigerio nell'acqua limpida che speriamo sia anche fresca. Lo è, e ne approfittiamo per uno shampoo e per un bucato. Il sole a picco arroventa gli scogli chiari ed ogni cosa si asciuga in pochissimo tempo. Compresa la nostra pelle. Ed anche il nostro cervello. La pausa è breve, ripartiamo alla ricerca di un po' d'ombra.
La troviamo alle porte del bellissimo paesino di Kastros, il vecchio capoluogo dell'isola di Sifnos fino al 1836. Le case esterne, costruite a picco sul mare in cima ad uno sperone roccioso incoronato da un numero imprecisato di chiesette, costituivano le mura di difesa della cittadina medioevale. Oggi spiccano i tre mulini con i coni sommitali dipinti di blu, alcune taverne davvero pittoresche ed una manciata di casette bianche affacciate sul mare.
Siamo indecisi se sbarcare o meno. Il caldo soffocante ha la meglio: restiamo in kayak, in mare, in acqua. Speriamo di raggiungere presto il capo meridionale dell'isola così da incontrare quella tanto sospirata brezza da sud-ovest che potrebbe rinfrescarci un po'.
Ma dobbiamo pagaiare per almeno un altro paio d'ore.
Proviamo a distrarci guardandoci attorno.
E' davvero affascinante vedere così tante isole in lontananza in ogni direzione: ci siamo appena lasciati alle spalle Serifos e Kithnos, avvolte laggiù nella foschia, ci ritroviamo a due passi da Paros ed Antiparos, che illuminate dal sole sembrano davvero vicinissime, si intravedono in lontananza anche Folegandros e Sikinos e si stagliano dietro il profilo scuro di Kitriani, l'isola satellite di Sifnos, la piccola Kimolos, l'immensa Milos e l'onnipresente Antimilos.
La costa orientale di Sifnos è rocciosa ma qua e là si scorgono dei bassi cespugli di macchia mediterranea, che tingono di verde i versanti delle colline. Si intravedono anche i vecchi terrazzamenti, ma su questo versante dell'isola sono completamente abbandonati. Qui a Sifnos, a quanto pare, le chiese sono più numerose delle case: ne sorge una su ogni picco roccioso e dopo qualche tempo ne perdiamo il conto. Ci aiutano comunque a ritrovarci sulla carta. Agios Georgios sul capo settentrionale, Agios Sostis a metà percorso, Agios Eleftherios nei pressi di Kastros, Taxiarchis, Eftamartiros, Kostantinos: è una sequela di piccole cappelle blu affacciate sul mare dello stesso colore.
Un mare profondo, caldo e calmo.
Sta diventando quasi noioso pagaiare su un mare così piatto.
Solo quando avvistiamo il nano-faro di ingresso della baia di Faros ci raggiunge lo Scirocco.
E' un vento stupido, caldo e carico di umidità. Non procura sollievo. Tutt'altro. In più, la sabbia ha la granulometria per noi più sbagliata: quei granelli fini entrano dappertutto, si attaccano dappertutto e non si staccano più. Sulla spiaggia troviamo una doccia accanto alla cabina in legno adibita a spogliatoio. E' la prima dall'inizio del viaggio. Mauro esulta e ci si fionda sotto con tutta l'attrezzatura ancora addosso. Da quando siamo partiti è la prima doccia di acqua dolce che ci tocca in sorte di fare. Ma poi ci sentiamo molto più appiccicosi di prima: è l'effetto moltiplicato dell'acqua dolce e dello Scirocco.
Per consolarci, seguiamo Efthimis in taverna. Ci è venuto incontro sulla spiaggia per complimentarsi con noi per i kayak e le pagaie. E' un kayaker greco che conosce Stavros, il titolare del negozio di Atene "Cannibals kayak house" presso cui abbiamo lasciato la Mauromobile: ha infatti lavorato come guida di kayak sia a Milos che a Santorini, prima di venire a fare il cameriere qui a Sifnos. Ci da qualche anticipazione sulle previsione meteorologiche per i prossimi due-tre giorni e ci fa accomodare sotto una delle tamerici sulla spiaggia centrale del paesino di pescatori. Non vediamo più i nostri due kayak, adagiati sulla spiaggia dall'altro lato del porticciolo, adornato di una decina di piccoli caicchi colorati.
Ceniamo ed aggiorniamo il blog, sopportando a fatica le folate di Scirocco.
Quando torniamo ai kayak, siamo un po' titubanti: è la prima volta che, oltre alla doccia, sulla spiaggia troviamo anche un segnale di divieto di campeggio... Speriamo di passare inosservati.

1 commento:

  1. I commenti su Facebook (15 luglio 2016):
    https://www.facebook.com/tatiana.cappucci/posts/1153187908035447
    Dopo Serifos, siamo approdati a Sifnos...

    Toni Pusateri: Una bella traversata dunque... bene

    Marina Delbene: :-*

    Marco Valle: Bello come sempre.... racconto e foto 👏

    Karl Henrik Nymo: Are you still at Faros? I know about every person there, and my daughter is there right now. If you visit the taverna Gorgona in Faros you must present yourselves and give my regards to the owner Popi. I`m sure you`ll get a free drink. My daughter Karoline is probably also there. Have a nice trip the next days. :)
    [Tatiana Cappucci: Thanks for the informations, Karl, but we are in Kamares right now :-)]
    Karl Henrik Nymo: Did you visit the beautiful and abandoned little bay of Fikiada at the southern spot of Sifnos?

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